Qualche anno fa,
uscì un bel film di Sean Penn, "Into
the wild": il grande e profondo Nord americano, con la solitudine e l'asprezza della sua
natura, affascina un giovane viaggiatore,
fino a provocarne la morte.
È a questo film
che ho pensato, quando ho visto i paesaggi del canadese Tom Thomson
(1877-1917).
Come questo, per esempio:
Nella scena, illuminata dalla luce candida e fredda del Nord, i rami degli alberi in primo
piano formano quasi una griglia di
linee scure, che lascia intravedere l'acqua
chiarissima di un fiume, mentre le foglie dell'autunno rivestono il suolo di un
tappeto multicolore.
Tutto è calma e
silenzio: il pittore sa rendere l'incanto di un luogo solitario e dello splendore luminoso e effimero del passaggio di una stagione
Il dipinto è ancora più suggestivo, se si conosce la biografia dell'autore: la sua vita è un racconto che parrebbe uscito dalla penna di Jack London.
Nel 1914, quando comincia a dedicarsi esclusivamente alla
pittura, Thomson ha trentasette anni; vive a Toronto, dove si è trasferito giovanissimo
e ha lavorato, come grafico in un'agenzia pubblicitaria, inserendosi in un gruppo di artisti vivaci e informati.
Con
loro ha scoperto non solo l'Art Nouveau, ma anche la pittura impressionista, Van Gogh e le
stampe giapponesi.
Insieme a loro si è interessato all'arte europea e alla possibilità di creare un'arte
nazionale canadese.
Thomson non è un grande parlatore: non gli piace discutere né di tecnica, né di teorie sull'arte.
Si sa esprimere bene solo dipingendo
e, da un po', ha trovato nella natura la sua fonte di ispirazione. Per questo ha lasciato il suo
impiego e ha scelto di vivere otto mesi l'anno nel parco naturale di Algoquin, in Ontario,
un territorio disabitato e sterminato, grande quanto l'Olanda, dove si mantiene con lavori occasionali da
guardiaboschi, taglialegna o da guida per i pescatori.
Immerso in quella
bellezza severa vive semplicemente, da solo, in una capanna di
legno.
D'autunno torna in città e va a stare in una pensione: là tappezza le pareti della sua camera con gli schizzi, dipinti
a olio su piccole tavole di legno, che ha eseguito nei lunghi mesi, in cui è
vissuto isolato.
Da questi trae l'ispirazione per le sue grandi tele, piene di colori.
Come qui, dove
emerge tutto il suo amore per le stampe giapponesi.
I nitidi contorni dei bianchi tronchi di betulla inquadrano il blu profondo del lago.
Il giallo, l'arancio e l'ocra delle foglie autunnali, appena cadute, accentuano il tono caldo e luminoso della composizione
Modesto quanto
esigente con se stesso, Thomson è capace di buttare nel fuoco gli schizzi che
non lo soddisfano e di esporre all'Ontario Society of Arts solo i pochi dipinti
che giudica pienamente riusciti. Le critiche, comunque, non lo risparmiano: i suoi
colori sembrano, ai più, fin troppo irreali. "Eppure- dice lui- sono quelle le tinte che ho visto!".
Solo gli spettatori più attenti colgono la qualità della sua arte, che rinnova, attraverso
le influenze europee, il genere più tradizionale della pittura canadese di
paesaggio.
Thomson è un uomo schivo e riservato. Non riesce a descrivere bene, a parole, gli scenari meravigliosi che
l’hanno affascinato e nemmeno le difficoltà tecniche che ha incontrato per
restituire su tela i suoi soggetti preferiti: i laghi, le foreste, ma, soprattutto, gli alberi e i giochi della luce e dei colori che cambiano col
mutare delle stagioni.
Sente che solo attraverso
i suoi dipinti, con i suoi colpi di
pennello e i suoi colori espressivi, è capace di rivelare tutte le sensazioni che quellla natura
selvaggia gli ha suscitato.
Le sue emozioni di fronte a quei paesaggi, che non si stanca mai di osservare, lo
soverchiano, fino a lasciarlo senza fiato. L'unica maniera di comunicarle è la pittura.
Finisce per vivere sempre meno in città.
Ogni tanto organizza delle
gite con i suoi amici pittori, perché condividano le sue impressioni, ma, per lo
più, preferisce la solitudine.
Come qui, dove i
tronchi scuri degli alberi con le loro ombre azzurre contrastano con i nitidi raggi luminosi riflessi su un terreno innevato di un
candore abbagliante.
Per i rarissimi turisti
che visitano il parco, Thomson è un personaggio misterioso, un eremita, più noto per la sua
leggendaria abilità di pescatore che per
la sua attività di pittore. Non sanno che la sua è una scelta di vita.
La sua
sensibilità e la sua empatia per quei territori austeri e affascinanti, lo
ha catturato anima e corpo e lo spinge ad addentrarsi in zone sempre più isolate.
Alla ricerca di nuovi paesaggi da dipingere,
parte per dei mesi in escursioni solitarie o esplora silenziosamente con la
canoa, le acque dei laghi e fiumi.
Spingendosi sempre più lontano, fino a
smarrirsi nell'immensità che lo circonda.
Nel luglio del 1917 la canoa, con cui era uscito per una delle sue lunghe escursioni sul Canoe Lake, rientra vuota. Il suo corpo viene ritrovato una settimana dopo: le cause della morte sono tuttora misteriose.
Aveva quarant'anni e, dietro
di sé, una vita vissuta come desiderava, percorrendo e dipingendo
quel territorio selvaggio che amava più di se stesso. Con una tale intensità da riuscire a trasmettere le sue emozioni fino a noi.
Nella sua breve e folgorante carriera Thomson aveva dipinto quarantacinque tele.
Questo straordinario video ripercorre la sua attività: QUI è il link.