In un film di qualche anno fa, "Amadeus" di Milos Forman, un musicista, Antonio Salieri, si chiede come mai lui, così colto e così educato, non riesca a comporre musiche sublimi, come quel giovanotto fatuo, frivolo e un po' volgare che era Mozart.
Chissà che, nella Firenze tra fine Quattrocento e inizi Cinquecento, non abbiano avuto pensieri simili certi pittori, tutti perbene, devoti e ammodo su quell'"irregolare" che era Piero di Cosimo. E chissà cosa avranno pensato di un dipinto come questo: la "Morte di Procri" ora conservato alla National Gallery di Londra:
Un dipinto raffinatissimo che suscita una sensazione di incanto, di malinconia.
L'episodio è quello finale di un mito raccontato da scrittori e da poeti (primo fra tutti Ovidio nelle Metamorfosi): Cefalo, durante una battuta di caccia, uccide, per errore, la moglie Procri con un giavellotto. E fugge disperato.
Una morte violenta che poteva essere raffigurato in maniera esplicita, palese.
Qui, invece, tutto è già successo: l'orrore della morte o la fuga di Cefalo.
Non c'è alcuna agitazione, alcuno scompiglio.
Tutto sembra fermo, immoto.
Qui, invece, tutto è già successo: l'orrore della morte o la fuga di Cefalo.
Non c'è alcuna agitazione, alcuno scompiglio.
Tutto sembra fermo, immoto.
La scena è ridotta al minimo: Cefalo non è nemmeno rappresentato.
Dei protagonisti appare soltanto Procri, con il corpo disteso su un prato di erba e di fiori.
Poche gocce di sangue sul collo sembrano suggerire, più che rivelare la violenza del colpo mortale.
Un fauno la veglia desolato; un grosso cane- forse Lalape, donato a Procri della dea Diana- afflitto e partecipe, pare riassumere in sé quel senso di tristezza inconsolabile che avvolge tutta la scena.
Nessun altro personaggio.
Poche gocce di sangue sul collo sembrano suggerire, più che rivelare la violenza del colpo mortale.
Un fauno la veglia desolato; un grosso cane- forse Lalape, donato a Procri della dea Diana- afflitto e partecipe, pare riassumere in sé quel senso di tristezza inconsolabile che avvolge tutta la scena.
Nessun altro personaggio.
Solo un paesaggio illuminato dalla luce del tramonto e, sullo sfondo, lungo le rive di un fiume, tre cani, apparentemente indifferenti all'evento che si svolge in primo piano.
Una natura impassibile fa da scenario alla mestizia dei due protagonisti: il fauno e il cane, accomunati dallo stesso silenzio attonito e senza conforto.
Una natura impassibile fa da scenario alla mestizia dei due protagonisti: il fauno e il cane, accomunati dallo stesso silenzio attonito e senza conforto.
Il formato rettangolare fa pensare che, all'origine, il dipinto costituisse la parte anteriore di uno di quei cassoni da corredo, che si regalavano in occasione di matrimoni.
È una di quelle commissioni che non richiedevano una grossa bottega e che erano frequentemente affidate a Piero di Cosimo, un pittore bizzarro e nevrotico.
Oggi lo definiremmo un inquieto, probabilmente anche un border-line, mentre, una cinquantina d'anni dopo la morte, Giorgio Vasari nelle sue biografie d'artisti, ne fa il ritratto, forse esagerato, di un uomo di ingegno sottile ma "per la bestialità sua" ritenuto addirittura un pazzo, un folle.
È una di quelle commissioni che non richiedevano una grossa bottega e che erano frequentemente affidate a Piero di Cosimo, un pittore bizzarro e nevrotico.
Oggi lo definiremmo un inquieto, probabilmente anche un border-line, mentre, una cinquantina d'anni dopo la morte, Giorgio Vasari nelle sue biografie d'artisti, ne fa il ritratto, forse esagerato, di un uomo di ingegno sottile ma "per la bestialità sua" ritenuto addirittura un pazzo, un folle.
Un po' d'eccentricità era tollerata, se non perfino apprezzata, ma Piero di Cosimo....!
Trascurato, anzi decisamente sporco, sempre arrabbiato, sempre a brontolare con tutti. E poi lo si vedeva girare per la città, parlando da solo, ripetendo sempre le stesse cose e con una borsa piena di uova sode, che mangiava, poco a poco, quando gli veniva fame.
Eppure quest'artista solitario riesce a essere aggiornato sulle ultime tendenze della pittura (da Leonardo ai fiamminghi) e a dipingere opere raffinatissime, in cui si mescolano bizzarria e ricercatezze.
Questo pittore, appartato e paranoico, si dimostra capace di creare, con la "Morte di Procri", un dipinto di grandissima eleganza, in cui il mito classico e, insieme, l'influenza della cultura antica, che, nella Firenze del primo Rinascimento, era vissuta come un esempio di virtù, di regole razionali e di valori, diventa tutt'altro.
Diventa evocazione, sogno, poesia.
Diventa evocazione, sogno, poesia.
Che mistero Piero di Cosimo! Che mistero il genio!