Ci sono immagini che
si possono guardare mille volte, senza che perdano nulla della loro
suggestione.
Come queste, per esempio:
il ritratto di una ragazza vestita con
un’elegante tunica rossa e una corona di foglie d’oro,
quello di una donna
(Alina è il nome che compare nell'iscrizione) con i capelli ricci, il volto
grassoccio e l'aria di una casalinga vestita
a festa,
o
quello di un giovane in tunica bianca che
conserva ancora l’espressione timida di un adolescente
Oppure quello di un
uomo più maturo, che fissa davanti a se qualcosa che non riusciamo a vedere.
Nessuno sfondo, nessuna
ambientazione, nessun dettaglio, solo volti dai grandi occhi spalancati.
Se non fosse per l’abbigliamento potrebbero
essere dignitosi ritratti borghesi dell’800.
Invece, no. Sono dipinti vecchi di quasi duemila anni. L'epoca, a cui risalgono va, addirittura, dal I secolo a.C. al III d.C. (qui è il link per la storia e qui per le immagini)
Al tempo della
dominazione romana, in Egitto, nella lussureggiante oasi del Fayum o lungo la Valle del Nilo, i funzionari venuti da Roma, vivevano insieme ai discendenti dei
coloni militari greci e alle popolazioni locali.
Roma, la capitale dell'Impero, era lontana e, in quei territori di mercanti e di commerci, si mescolavano abitudini di vita e credenze religiose.
Nella speranza di assicurarsi una vita ultraterrena, i più avevano adottato i complessi rituali funerari egizi.
Roma, la capitale dell'Impero, era lontana e, in quei territori di mercanti e di commerci, si mescolavano abitudini di vita e credenze religiose.
Nella speranza di assicurarsi una vita ultraterrena, i più avevano adottato i complessi rituali funerari egizi.
Primo fra tutti, l'imbalsamazione dei corpi.
I ritratti, eseguiti
su sottili tavolette di legno o su tela di lino, non erano nati per essere
esposti, né tanto meno come opere d’arte a se stanti.
Facevano parte, invece, dei complessi rituali funebri e servivano a ricoprire e identificare i volti dei defunti. Tanto che, a volte, erano accompagnati da iscrizioni che specificavano il nome e l'età, in un modo analogo a quello delle foto che ornano le tombe dei nostri cimiteri.
E come quelle erano capaci di raccontare la loro storia.
I personaggi ritratti sono, per lo più, giovani.
L'età media sembra essere tra i trenta e i quarant'anni, a conferma di un mondo in cui l'aspettativa di vita era brevissima e la morte un fatto quotidiano.
Facevano parte, invece, dei complessi rituali funebri e servivano a ricoprire e identificare i volti dei defunti. Tanto che, a volte, erano accompagnati da iscrizioni che specificavano il nome e l'età, in un modo analogo a quello delle foto che ornano le tombe dei nostri cimiteri.
E come quelle erano capaci di raccontare la loro storia.
I personaggi ritratti sono, per lo più, giovani.
L'età media sembra essere tra i trenta e i quarant'anni, a conferma di un mondo in cui l'aspettativa di vita era brevissima e la morte un fatto quotidiano.
Dipinti, probabilmente,
da pittori di scuola greca, a tempera o con la tecnica dell'encausto (con i
colori disciolti nella cera calda), restituiscono con estrema immediatezza e
con un’intensità sconvolgente, le fattezze di quegli uomini e quelle donne di un passato lontano.
Nessuna idealizzazione: tutti sono raffigurati con grande accuratezza,
dalla struttura del viso, al colore della pelle, ai piccoli difetti fisici.
E ognuno è caratterizzato con un'espressione, ora severa, ora smarrita, ora stupita o malinconica.
Diverse sono le etnie,
dai greci, ai romani agli egiziani come differenti sono le estrazioni sociali: non
solo aristocratici, ma gente comune, mercanti, insegnanti, funzionari, militari, adolescenti donne e, addirittura, bambini.
Comunque tutti
di famiglie abbastanza facoltose da potersi permettere i costosissimi
riti della mummificazione.
L'abbigliamento varia a
seconda della data di esecuzione, ma riprende sempre- pur col ritardo della
provincia- le tendenze di moda a Roma.
Tanto che si ha l'impressione che molti ci tengano a mostrarsi nelle loro vesti migliori
Tanto che si ha l'impressione che molti ci tengano a mostrarsi nelle loro vesti migliori
Come questa bruna matrona- Isidora è il nome che compare nell'iscrizione- fiera di sfoggiare non solo un'elaborata acconciatura e preziosi gioielli d'oro e pietre preziose, ma anche una raffinata tunica rosso scuro.
A volte i particolari dell'abbigliamento sono trattati più schematicamente, ma le fisionomie sono sempre rese con estremo realismo. Al punto che ci sembra che i personaggi ritratti siano nostri contemporanei.
Come questo ragazzo che mostra, con lo stesso orgoglio di un giovane d’oggi, la corta barba che si è appena fatto crescere.
Allo stesso tempo abbiamo la sensazione che siano divisi da noi da una distanza siderale, che non è solo quella del tempo. E che rappresenta uno dei motivi del loro fascino.
Insieme, c’è la suggestione che si prova nell'essere di fronte alle uniche testimonianze di dipinti non murali dell’antichità, capaci di farci immaginare quale fosse la qualità della pittura classica.
Quella pittura, che, più ancora della scultura, ci permette non solo di ritrovare i lineamenti di persone vissute duemila anni fa, ma di intuirne anche il carattere.
Come in una sorta di "Antologia di Spoon River" dipinta, dove ognuno abbia la possibilità di parlarci di sé.
Quella pittura, che, più ancora della scultura, ci permette non solo di ritrovare i lineamenti di persone vissute duemila anni fa, ma di intuirne anche il carattere.
Come in una sorta di "Antologia di Spoon River" dipinta, dove ognuno abbia la possibilità di parlarci di sé.
Ma c’è ancora una sensazione più indefinita che ci colpisce e che nasce da quegli sguardi indecifrabili e
persi in un punto lontano.
Sembra che tutte le persone ritratte abbiano l'aria di conoscere qualcosa che noi non sappiamo e che siano accomunate dalla condivisione di uno stesso segreto.
Quello che ci commuove è l'impressione che la pittura le abbia fermate nel momento struggente, in cui stanno per varcare la soglia del mistero.
E che, per usare un frase del grande storico dell'arte Julius Schlosser, "nello stupore dei loro occhi spalancati si possa riflettere l'infinito al di là di noi".
E che, per usare un frase del grande storico dell'arte Julius Schlosser, "nello stupore dei loro occhi spalancati si possa riflettere l'infinito al di là di noi".
Dal momento del ritrovamento nel corso degli scavi archeologici di fine ’800
questi ritratti- ne sono stati recuperati più di seicento, ora sparsi in numerosi musei del mondo- non hanno cessato di fare sensazione.
Moltissimo, ovviamente, ne è stato scritto: una
sintesi degli studi è nel catalogo della mostra” Misteriosi volti dall'Egitto” tenuta
nel 1998 alla Fondazione Memmo di Roma (qui è il link)