sabato 12 aprile 2014

Lo studiolo di Leonello d'Este a Ferrara: il sogno delle Muse




Nel 1441, quando Leonello d’Este (1407-1450) diventa signore di Ferrara ha trentaquattro anni ed è uno dei tanti figli illegittimi di Niccolò III, talmente numerosi da giustificare il detto popolare "di qua e di là dal Po, son tutti figli di Niccolò". 
Il padre si è assicurato che avesse una buona educazione, facendolo istruire nel mestiere delle armi ma, soprattutto, nello studio delle lettere classiche e assegnandogli, come precettore, un umanista come Guarino Veronese. 
Leonello non lo ha deluso. 
Elegante, raffinato e sempre vestito alla moda, è noto ovunque per la sua erudizione e per il suo amore dell’arte. 
Ha chiamato in città pittori come Piero della Francesca, Andrea Mantenga o Pisanello, intrattiene una fitta corrispondenza con letterati e artisti del calibro di Leon Battista Alberti e colleziona- tra i primi in Italia- dipinti e arazzi fiamminghi. 
Da politico accorto, ha capito che la cultura e la magnificenza possono essere strumenti di governo e che uno stato piccolo come il suo, schiacciato tra lo Stato pontificio e la Repubblica di Venezia, ha bisogno di visibilità per ritagliarsi uno spazio tra le signorie italiane ed europee (di Leonello e della sua "strategia di immagine" ho parlato qui).

Per i suoi momenti di riposo si è fatto  riadattare la palazzina di caccia di Belfiore, costruita alla fine del Trecento poco fuori dalle mura della città. 
Abbastanza lontana per sfuggire alla pesantezza della vita di corte, ma, abbastanza vicina da poterla raggiungere a piedi. Nel parco fa allevare caprioli, cervi e daini e coltivare vigne e alberi da frutto. 
Passa sempre più tempo laggiù, tanto che ha pensato di farsi costruire un piccolo ambiente appartato, dove rifugiarsi con i suoi amati libri, lontano dagli affanni quotidiani. Ma un ambiente che sia anche un luogo di rappresentanza per ricevere i visitatori più illustri e diffondere la sua fama di "princeps civilitatis". 
Sarà questo il suo studiolo, destinato a diventare, in qualche modo, il cuore stesso della corte.
L'atmosfera sarà quella di cui parla lo stesso Leonello in un brano del "De politia literaria" dell'umanista di corte Angelo Decembrio, dedicato alla sistemazione di una biblioteca privata. 
Una stanza silenziosa e raccolta con pochissime suppellettili, dove nell'aria si sentano i profumi delicati del rosmarino, del mirto o del cedro, accompagnati dalle fragranze di rose o di viole. Tende di lino che filtrino la luce delle finestre affacciate sul verde, e il silenzio interrotto solo dagli accordi di una cetra. Negli armadi, qualche libro religioso, qualche romanzo cavalleresco di quelli che Leonello ama tanto e poi, soprattutto, autori classici dai filosofi ai poeti.
Un luogo davvero degno di un principe. 

I lavori dello studiolo hanno inizio nel 1447. In basso è prevista una decorazione lignea, probabilmente intarsiata, con gli armadi per i libri, commissionata a Arduino da Baiso. In alto una serie di dipinti. 
Per le pitture Leonello ha ritrovato in qualche testo classico un soggetto che più adatto non si potrebbe, tratto dalla mitologia e mai più raffigurato dall'antichità. 
Un'assoluta novità per un'epoca, più abituata ai temi cavallereschi o alla raffigurazione ancora medievale delle Arti liberali: in quello spazio incantato le silenziose compagne delle sue letture saranno niente meno che le Muse. 

Trovare il modo di rappresentarle non è facile, ma Leonello sa a chi rivolgersi. Incarica del programma iconografico il suo vecchio precettore, Guarino Veronese, che si mette subito al lavoro. E in una lettera del novembre del 1447, basandosi su un commento medioevale alle "Opere e i giorni"  di Esiodo, gli fornisce tutte le indicazioni necessarie. 
Le Muse di Leonello saranno legate non solo alla musica e alla poesia, ma anche all'agricoltura e alle bonifiche che gli Este hanno intrapreso nei loro territori. 
Dee e contadine diventeranno così, allo stesso tempo, simbolo di cultura e di buon governo. 

Erato (il dipinto è ora alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara), protettrice dei legami coniugali e della poesia erotica, seduta su un trono, sullo sfondo di una campagna ben curata, si sta slacciando il corpetto, mentre tiene in mano un ramo di rose. 
La parte superiore della figura è ancora di impostazione tardo-gotica e contrasta con la forza espressiva del panneggio del manto e del piede calzato di rosso, proteso in scorcio sul gradino del trono. 
Probabilmente qui  si avvicendano due diversi artisti che compaiono nei documenti come "dipintori dello studiolo",  il più tradizionale  Angelo Maccagnino e il pittore di corte Cosmè Tura. 





Urania (conservata anch'essa alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara), con in mano l’astrolabio e lo sguardo rivolto verso il cielo, siede su un ricco trono di marmo policromo, in cui è inserito un libro aperto. 
Nella parte alta dello schienale, la siepe intrecciata e l'unicorno-simbolo di purezza- con il muso chino verso l'acqua, alludono all'attività di bonifica nei territori estensi.








Talia (ora la Museo di Budapest), protettrice della semina e della fertilità, siede su uno sfarzoso trono dorato, decorato da mazzi di candii gigli  e tiene in mano un tralcio d'uva e una rosa. Sulla testa ha una corona di spighe.
Sopra il trono, quattro putti giocano con festoni di pesche e di mele. 
L’autore, l’unico di cui compaia la firma, è il pittore di origine ungherese  Michele Pannonio.







Tersicore (ora al museo Poldi Pezzoli di Milano), la musa della danza, siede su un trono ricoperto da un drappo di velluto ed è abbigliata con calzature rosse e un'elegante veste alla moda del tempo. Tre putti danzano ai suoi piedi, intrecciando nastri trasparenti.
Anche qui, come negli altri dipinti, il punto di vista ribassato conferma una collocazione nella parte alta delle pareti. 









Polimnia (ora alla Gemaldegalerie di Berlino), patrona delle colture agricole, è l'unica che non sieda su un trono. 
È, invece, in piedi, abbigliata con una cuffia e una veste da contadinella, su un parapetto sullo sfondo di una campagna coltivata.
Ha in mano una pala e, sulle spalle una zappa decorata da un tralcio di vite.
Lo stile, sintetico ed essenziale, tiene conto delle novità portate a Ferrara da Piero della Francesca.







Calliope (ora alla National Gallery di Londra) legata all’arte poetica e attribuita a Cosmé Tura (ne ho parlato qui) è una delle immagini più misteriose.
Siede su un trono fantastico decorato di pietre preziose e di bizzarri delfini d'oro dai denti aguzzi e dalle pinne attorcigliate e tiene in mano un ramo di ciliegie.
Tutt'e sei i dipinti sono su tavola e misurano più o meno un metro per settanta.






Queste sei bellissime immagini delle Muse,  le sole che restano  delle nove originarie, sono sparse ora in tutti i musei d'Europa. 
Insieme ai testi letterari e ai documenti d'archivio, sono l'unica testimonianza del progetto immaginato da Leonello e da Guarino Veronese.
Leonello muore prima che i lavori siano finiti, ma lo studiolo viene comunque terminato per volontà del fratello Borso. 
Dopo pochi annidurante la guerra con Venezia del 1484, la stanza viene danneggiata da un incendio. Verrà ancora una volta restaurata dal Duca Ercole, ma, poi, con l'andar del tempo, l'intera palazzina di Belfiore finirà per essere abbandonata, fino alla distruzione negli anni trenta del Seicento.
Tutti gli arredi sono dispersi e di quel luogo incantato non rimane più nulla.

Quello che sopravvive è il mito.
Lo studiolo di Leonello d'Este diventa il simbolo di uno dei momenti più straordinari  del Rinascimento, in cui l'amore per la classicità si lega alla raffinatezza della vita della corte. 
Le Muse, che per merito di Guarino e di Leonello si sono reincarnate nella Ferrara del Quattrocento, rimangono le affascinanti custodi di quel sogno di cultura e di bellezza.




Sulle Muse e sullo studiolo sono stati scritti miriadi di testi. Uno dei più belli e documentati rimane il catalogo della mostra "Le Muse e il principe. Arte di corte nel Rinascimento padano", ed. Panini 1991.



10 commenti:

  1. Un racconto così suggestivo che ho sognato di sentire nella mia modesta biblioteca un profumo di rose e di viole!!
    Ciao
    Marco

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    1. È vero che quel pezzo sulla biblioteca è molto suggestivo. Ho tralasciato però il brano in cui si diceva che doveva essere interdetto l'ingresso agli animali domestici e credo che per qualcuno sia difficile rinunciare alla compagnia del proprio cane o del proprio gatto quando si rilassa con un libro!

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  2. Bello, tutto sommato, che oggi le immagini delle Muse siano sparse per tutti i musei d'Europa :-)

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    1. Da una parte piange il cuore, dall'altra la dispersione delle opere ferraresi è quanto meno servita ad alimentare il mito della signoria estense in Italia e nel mondo...

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  3. Chissà che bello dev'essere stato questo "studiolo". Peccato sia andato distrutto! Ma allo stesso tempo questo fatto dà ulteriore fascino alla storia ad esso legata. Io (al contrario di quanto detto nel commento precedente) trovo che sarebbe bello; oltre che interessante, poterle ammirare tutte assieme come doveva essere nello studiolo di Leonello d'Este. Buona domenica.

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    1. Sai Jampy che in occasione di una mostra tenuta a Milano una ventina d'anni fa le Muse sono state di nuovo tutte insieme. E credo che per chi l'ha vista sia stata davvero una bella emozione!

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  4. Grazie alla tua maniera appassionante , semplice ma non superficiale di raccontare imparo cose della storia dell'arte che non sapevo e che mi fanno rimpiangere di non averla studiata meglio!!!

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  5. Dimostrazione che per comprendere l'arte occorrono gli storici dell'arte.

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  6. Vorrei tanto sapere dove sono finite le altre tre Muse
    . Grazie per le informazioni
    Sara

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  7. Povere Muse rimaste! Sottoposte a una vera e propria diaspora museale. Un po' come i pezzi d'Italia che oggi vengono venduti qua' è là. Chissà come doveva esser bello, quando erano tutte insieme!

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