Un albero fantastico, dove i colori sono accesi, le foglie splendenti come
fiamme e dove- nella chioma lussureggiante- sembrano aprirsi occhi misteriosi.
È
l’”Albero del Paradiso”, una tela di quasi due metri per uno, conservata in
Francia al Museo di Senlis:
Siamo intorno al 1930 e, quando dipinge questa natura rigogliosa, Séraphine Louis, nota come Séraphine de Senlis
(1884-1942), ha passato da un po' la quarantina e ha dietro di sé una vita che sembra un romanzo.
Orfana, è entrata a servizio fin da bambina, passando da una famiglia all'altra e poi, per vent'anni, ha fatto la domestica in un convento.
Da poco, si è trasferita
a Senlis, una cittadina non lontana da
Parigi.
Massiccia, sgraziata, sempre silenziosa, non si trova a suo agio con la gente e ha pochi contatti con gli altri.
È lenta nel capire, parla poco e male: una povera mentecatta la definiscono i più crudeli.
È lenta nel capire, parla poco e male: una povera mentecatta la definiscono i più crudeli.
Nei suoi pochi momenti
liberi, passeggia nei campi, con un cappello di feltro e uno scialle scuro: qualcuno dice di averla vista abbracciare gli alberi, accarezzare l’erba e parlare
con i fiori.
Porta sempre con sé un ombrello e un paniere in cui tiene
nascosta una bottiglia di vino.
Per il resto, conduce la vita degli "invisibili", lavorando per pochi centesimi all'ora non come una cameriera con tanto
di grembiule e crestina, ma come una serva tuttofare, a cui si affidano i compiti
più ingrati e faticosi: pulire i pavimenti, incerare i mobili o lavare la
biancheria.
Lei li definisce i suoi "lavori neri”.
I "lavori
colorati", invece, sono quelli che fa di notte, nella sua stanzetta, al
lume di una lampada a olio: lì, china per terra, dipinge fino allo sfinimento, con
i pennelli e con le dita, su piccole
tavolette recuperate qua e là e, intanto,
canta le lodi della Madonna o mormora litanie
sacre.
Religiosissima, considera i
suoi quadri come preghiere, in cui rende omaggio a Dio, raffigurando quello
che ama di più: gli alberi, i
cespugli, i fiori selvatici o la frutta che cresce nei campi.
Nei suoi dipinti
non ci sono mai edifici, né oggetti, né presenze umane o animali.
Solo tripudi di fiori e di foglie che invadono tutto
lo spazio con le loro tinte accese, come in queste "Foglie rosse", ora al Museo di Senlis:
Entrando
nella grande cattedrale di Senlis, è rimasta colpita dai colori smaglianti
delle vetrate.
Sono quelle le tinte che vorrebbe nei suoi dipinti, ma non ha soldi per comprarsele. Allora decide di fabbricarle da sola: con astrusi procedimenti estrae succhi colorati
dalle piante e dalle bacche e li mescola con il sangue che raccoglie nella macelleria, con le terre dei boschi, con l'argilla degli stagni o con l'olio che sottrae dai lumini della chiesa.
E mantiene
gelosamente il segreto su quelle strane misture che danno ai suoi dipinti un effetto
lucido come di smalti.
A Senlis, i più la guardano con un misto di pietà e di
disprezzo e giudicano le sue pitture come stranezze di una squilibrata.
Qualcosa cambia, quando, nel 1912, si stabilisce, in città un
raffinato critico e collezionista tedesco, Wilhelm Uhde, amico ed estimatore di artisti
come Picasso, Braque, Rousseau o Marie Laurencin.
Séraphine va a casa sua tutte le
mattine per fare i lavori pesanti. Per lui non è
che una domestica qualsiasi, quando, per caso, scopre i suoi dipinti colorati
e stravaganti.
È una folgorazione: per lui quella donna silenziosa ha un vero talento e i suoi dipinti sono opere d'arte. Tanto che fa di Séraphine la protagonista del libro che sta scrivendo sui pittori autodidatti, o, come preferisce definirli, "primitivi moderni"
È un incontro, quello tra Uhde e Séraphine, che segna la loro vita. Apparentemente lontani, sono in realtà molto simili.
Tutt'e due sono soli: lei con le sue visioni religiose e la sua incapacità di comunicare con il mondo; lui, omosessuale, con la sua vita appartata e il suo timore di affrontare il giudizio degli altri.
Tutt'e due sono soli: lei con le sue visioni religiose e la sua incapacità di comunicare con il mondo; lui, omosessuale, con la sua vita appartata e il suo timore di affrontare il giudizio degli altri.
Con la prima guerra, Uhde, cittadino tedesco, è costretto a lasciare la Francia e Séraphine torna ai suoi "lavori neri".
Solo qualche
anno dopo, Uhde potrà rientrare a Senlis e riprendere i contatti.
Finalmente Séraphine, contenta di essere apprezzata come artista, inizia a dipingere a cavalletto tele sempre più grandi.
Finalmente Séraphine, contenta di essere apprezzata come artista, inizia a dipingere a cavalletto tele sempre più grandi.
Dipinti di due metri con alberi che sembrano nascere dalle sue visioni mistiche,
come questo "Albero della vita", ora al museo di
Senlis:
Oppure come questo "Mazzo di foglie che sembrano piume di bizzarri uccelli (ora in collezione Dina Viery):
O queste straordinarie "Margherite bianche" del Museo di Senlis:
Con i soldi che riceve, Séraphine affitta un piccolo appartamento e compra oggetti che a lei, poverissima, sembrano il simbolo stesso del lusso: qualche tappeto, tovaglie ricamate, un po'
argenteria. Si direbbe che sia finalmente
serena.
Ma nel 1929, la crisi economica colpisce
anche Udhe che, sommerso di debiti, non è più in grado di darle altro denaro. Per
lei è un colpo durissimo: comincia a dubitare di sé e della sua arte.
Il suo fragile equilibrio si infrange. Sempre più ossessionata dalle sue voci interiori e dalle
sue manie di persecuzione, non mangia più per timore di essere avvelenata, vaga per
le strade annunciando la fine del mondo, canta salmi per notti intere.
Alla fine, qualcuno, esasperato, chiama la polizia.
A quel punto- siamo nel 1932- appare inevitabile internarla in un manicomio.
Da allora in poi, non dipingerà più.
"La pittura è scomparsa nella notte... non si fa arte in questi posti": scrive in una lettera.
"La pittura è scomparsa nella notte... non si fa arte in questi posti": scrive in una lettera.
Dopo la seconda guerra, nel 1945, Udhe, che,
finché ha potuto, si è tenuto in contatto con lei, organizza a Parigi quella mostra personale che Séraphine aveva sempre desiderato.
Ora non è più considerata una povera pazza: i suoi quadri piacciono
ed emozionano. I visitatori ne sono entusiasti.
Ma ormai è troppo tardi.
In una sera del durissimo inverno del 1942, nella Francia occupata, Séraphine è
morta in manicomio di fame e di stenti ed è stata sepolta in una fossa
comune. Proprio lei che aveva lasciato scritto di sognare "un funerale
di prima classe con tutti i signori in lutto, la messa e la musica".
E che avrebbe voluto fosse inciso sulla sua lapide "Qui riposa Séraphine Louis, senza rivali, in attesa della sua felice resurrezione"
E che avrebbe voluto fosse inciso sulla sua lapide "Qui riposa Séraphine Louis, senza rivali, in attesa della sua felice resurrezione"
"Séraphine"', il bellissimo film di Martin Prevost del 2009 (qui), è il modo migliore di conoscerla e di amarla.