Siamo già alla metà di questo 2020 che- tanto per usare un eufemismo- non è stato davvero un anno stupendo.
Comunque, in qualche modo, il tempo è passato ed è l'ora di svelare la raffigurazione del mese di giugno nel calendario che ho scelto per quest'anno: gli affreschi della Sala dello Zodiaco in Palazzo D'Arco a Mantova eseguiti intorno al 1520 dal pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto (Verona, 1468-Padova, 1535)
Anche in questa scena l'artista non si smentisce: le iconografie sono arzigogolate e le storie si inseriscono l'una dentro l'altra come scatole cinesi. Insomma, capirne il significato non è facile, ma per scoprirlo non ci resta che procedere, magari allacciando le cinture perché il percorso si presenta, come minimo, accidentato.
Partiamo, come sempre, dal centro della scena e subito ci troviamo in difficoltà: in basso, infatti, compaiono ben visibili un cagnolino e una pianta di carciofo.
Passi per il cane che è solito mostrarsi in molte scene anche senza particolari connotazioni iconografiche, ma il carciofo un significato di sicuro lo deve avere. Ricompare, infatti, anche in mano all’uomo dalla barba bianca che sembra in atto di offrirlo a un giovane in cambio di un mazzo di rose.
In questo caso la mitologia non ci aiuta. Se guardiamo le leggende legate al carciofo troviamo solo la suggestiva storia della ninfa Cynara che, per aver disdegnato le avances dell’impenitente Giove, viene trasformata nella gustosa pianta dal cuore dolce, difeso all’esterno dalle spine, mentre le sfumature di colore della foglia ricordano il viola dei suoi occhi.
Tutt’altra ipotesi, senza ninfe di mezzo, è quella avanzata dagli studiosi che, basandosi su astrusi testi dell’antichità romana e bizantina vedono nel giovane con le rose sulla destra la personificazione del mese di maggio, mentre nel vecchio sarebbe da riconoscere il mese di giugno e l’anticipo della stagione secca, di cui il carciofo sarebbe l’emblema. Lo scambio delle rose col carciofo, poi, simboleggerebbe niente di meno che la duplice natura del segno dei gemelli.
Sulla sinistra la scena diventa relativamente più facile da interpretare: si tratta della raffigurazione di uno degli innumerevoli amori di Giove che, per conquistare Leda, si è trasformato in un candido cigno.
Da questa unione nasceranno i più celebri gemelli della mitologia: Castore e Polluce, legati, in effetti al segno astrologico dei Gemelli e i cui simulacri, a sinistra in alto, sono posti da Giove nel cielo eterno dell’astrologia. Il segno, poi, domina inconfondibile al centro, su una piattaforma di nuvole, tutta la scena.
Sempre a sinistra le due prue di nave non sono lì a caso, ma alludono alla partecipazione dei due eroici semidei alla spedizione degli Argonauti. Anche lo sfondo architettonico a destra ci riserva qualche sorpresa con la statua del dio del mare Nettuno collocata non al centro di un tempio pagano ma di una sezione della basilica di san Vitale a Ravenna. Il perché, ovviamente, non si sa, così come ignoriamo chi rappresentino gli altri personaggi che affollano lo sfondo.
Non è finita qui perché la figura rossa in piedi dietro l’uomo con la barba bianca sarebbe ispirata da quella analoga del tamburino nell’incisione con la Conversione di San Paolo dell'artista olandese Luca da Leida, datata al 1509, anno che fornisce un termine post quem per la datazione dell’intero ciclo.
Anche se alcuni dettagli rimangono oscuri sembra che per lo più ce l’abbiamo fatta.
Il soggetto si presenta, comunque, complicato e pieno di suggestioni.
Quale auspicio trarne? Forse che piano piano anche la complessità di questi tempi si sciolga e tutto possa, se non sistemarsi del tutto, almeno diventare più chiaro.
Caspita quanta roba! Grazie.
RispondiEliminaGrandi e piccoli gioielli d'arte nella splendida e regale Mantova.
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