sabato 1 dicembre 2012

Le "Très riches heures du Duc de Berry": Dicembre




Ultimo mese dell'anno e ultimo foglio del calendario delle "Très riches heures du duc de Berry". Una pagina sorprendente, un soggetto diverso, da quelli, a cui la raffinatezza favolosa delle pagine precedenti ci aveva abituato.
L'anno si era aperto, a gennaio, con  un lussuoso banchetto offerto Duca, nell'atmosfera festosa della corte. Si chiude, a dicembre, con una scena cruenta.


Nella lunetta in alto, sono raffigurati i segni del mese, Sagittario e Capricorno, mentre il carro del Sole transita nel cielo. Al di sopra, nei semicerchi concentrici, sono indicate le fasi lunari e la durata dei giorni.
È  ormai inverno e le foglie dei fitti alberi della foresta sono secche. Il terreno è spoglio: qua e là è rimasto solo qualche arbusto. 

Sullo sfondo, si erge una serie di candide torri: fanno parte della gigantesca cinta muraria che racchiudeva il castello di Vincennes, voluto, nel 1364, dal fratello del Duca di Berry, l'allora re Carlo V. Era destinato a essere "la demeure de plusieurs seigneurs et chevaliers", dove passare le ore più liete della vita di corte. 


Stavolta non si tratta, dunque, di una proprietà del Duca, ma  del luogo dove era nato nel 1340,  terzo figlio del re di Francia. 
Dagli anni trascorsi a Vincennes aveva preso il gusto per gli edifici comodi e fastosi che vorrà per sé in ogni sua sede. Lì forse era nata anche la sua passione per il collezionismo, per cui avrebbe riempito d'oro, di gemme e di squisite oreficerie  tutti i suoi forzieri. 
La predilezione per i piccoli oggetti preziosi lo aveva portato all'amore per i libri miniati, un vero lusso da gentiluomini. Al punto che aveva preso al suo servizio i fratelli Ian, Pol e Herman de Limbourg per decorare le pagine del suo Libro d'ore. 
E così i miniatori avevano riempito i fogli dei mesi del calendario con le immagini dei suoi sogni di magnificenza e di una vita simile a una favola. 
Per tutto l'anno, avevano dispiegato, insieme, le rappresentazioni della vita della campagna e degli svaghi della corte. Col passare delle stagioni,  sullo sfondo dei castelli di proprietà del Duca, si erano avvicendati il gelo dell'inverno, il verde dei prati a primavera, il giallo del grano estivo o  i campi arati dell'autunno. 

Ora siamo all'ultima pagina e  lo stile elegante dei fratelli di Limbourg non può nascondere la violenza della scena. 

È il momento, in cui termina la caccia al cinghiale: il suono del corno (l'hallali) è il segnale della "curée", quando la spoglia dell'animale ucciso viene fatta dilaniare dai cani. A questo spettacolo cruento  non assiste nessuno dei raffinati aristocratici, che comparivano in tutte le altre scene. Ci sono solo i servitori, con le livree, dai colori araldici del duca, che controllano a stento l'impazienza della muta dei cani.

La rappresentazione non è inconsueta: ce ne sono anche esempi nella miniatura italiana contemporanea,  ma non fa parte dell'iconografia tipica di Dicembre, tradizionalmente legato, nei calendari dei Mesi, all'uccisione del maiale. Un soggetto, questo, che forse era parso troppo volgare alla raffinata mentalità del duca. 
La caccia, invece, era il passatempo favorito dell'aristocrazia e il cinghiale  uno dei trofei più ambiti. Alla corte del Duca era diventata un rituale che seguiva una tradizione antica.  Servitori  e cani ben addestrati avevano il compito di stanare la preda e di fiaccarla. A questo punto, il signore si avvicinava, scendeva da cavallo e  finiva l'animale, ormai allo stremo, con un affondo di spada.  
Affrontare da vicino il cinghiale inferocito era considerato  un segno di  coraggio degno solo di un nobile:  a dimostrazione di un aristocratico sprezzo del pericolo si praticava la caccia nel tardo autunno o nell'inverno, nella stagione degli amori, quando gli animali erano più aggressivi e il terreno, reso scivoloso dalla pioggia, era più difficoltoso. Superare tutte le insidie aveva, allora, una valenza simbolica precisa. 
Il cinghiale era l'emblema dell'ira e della lussuria, l'antitesi delle virtù cristiane: ucciderlo era segno di una vittoria contro il male e gli istinti più perversi. 

Neppure il velo del simbolo può, comunque, togliere alla scena la sua crudezza: è come se, dopo mesi di liete immagini di fiabe, alla  fine del calendario irrompesse la brutalità del reale. 

Erano tempi violenti quelli: la Guerra  dei Cento anni imperversava per città e campagne, ovunque c'era sofferenza, carestia e miseria. 
La peste, nello stesso anno, il 1416, avrebbe tolto la vita al Duca e ai suoi miniatori. 
Ma, nelle preziose illustrazioni dei mesi precedenti delle "Très riches heures", la vita vera non si rappresentava, la si lasciava fuori.  
Ora, il soggetto più crudo della miniatura di dicembre  fa capire che un'eco della realtà esterna è arrivata, comunque, a incrinare il piccolo mondo perfetto della corte di Berry. 
E non basta il tentativo di esorcizzarla, di ridurla a un'immagine astratta e lontana; non basta più a  evitare la consapevolezza che i sogni evocati nel calendario sono ormai finiti.





19 commenti:

  1. E così siamo arrivati alla fine di questo bellissimo calendario, illuminato dai tuoi racconti. Spero che ce ne sarà uno anche per l'anno prossimo!

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    1. Mi dispiace lasciare le Très riches heures e non so se riuscirò a trovare un altro calendario così bello. Vedremo...

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  2. Dopo le fiabe il ritorno alla cruda realtà. Oltre che bellissimo, questo calendario è anche estremamente saggio

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  3. Eppure il cinghiale mi è simpatico, anche se non disdegno di sbafarmelo in varie guise. Che sia simbolo di ira lo capisco visto che gli danno spietatamente la caccia , avrà ben diritto d'incavolarsi... ma la lussuria mi sfugge.
    Voglio proprio vedere se l'anno prossimo troverai un altro calendario degno dei tuoi bellissimi post amica mia.
    Un abbraccio

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    1. Anche a me il cinghiale piace, soprattutto a tavola.
      Nel medioevo, forse per assonanza con il maiale, era associato alla lussuria. Avevano l'idea che fosse una bestia demoniaca, a cui dare ogni colpa.In realtà il poveretto, come tutti gli animali, era innocente.

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  4. Infatti questo dicembre non mi piace tanto e sono un po' delusa... non tanto per la scena dell'uccisione del cinghiale... ci vorrebbe anche qui da me che i cinghiali stanno facendo una strage...
    È che questa pagina sembra così priva di vita... la scena del cinghiale, la forseta fitta e cupa e poi quelle torri severe e vuote... niente vita, se non il gruppetto li davanti, niente sole, niente... Devono essere stati davvero tempi tristi.

    Grazie mille di queste belle spiegazioni e questi insegnamenti!
    Buona domenica

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    1. Hai ragionissima, Cinzia,questa pagina è ben lontana dal clima di sogno e di favola degli altri mesi.La tristezza dei tempi ha contagiato anche i due straordinari miniatori delle Très riches heures!

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  5. Due spazi circolari: la cinta murararia in alto e l'arena naturale in basso e uno stesso colore per le torri e per i cani quasi a sottolineare l'identica funzione esercitata, la difesa da qualcosa che irrompe e che è avvertito come male. Ma il controllo esercitato non è meno violento...

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    1. Sì, è proprio vero: la difesa da qualcosa che irrompe. Una difesa inutile, come dimostrerà la storia, ma ugualmente spietata!

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  6. Il primo impatto che ho avuto guardando la raffigurazione è stata la metafora della cementificazione avanzante, la crudeltà dell'uomo e nel mezzo la natura impotente. Forse il calendario era lungimirante e profetico, in tutti i casi ci ha accompagnato con pagine bellissime. Ora che c'è ne siamo abituate, ne attendiamo un altro, descritto con minuzia di particolari, come solo tu sai fare. Buona domenica, carissima.

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    1. Nel calendario anch'io ho ritrivato qualcosa di noi. Passano i secoli, ma la natura umana non cambia.
      E per il prossimo anno vediamo se riuscirò a trovare un altro calendario all'altezza!

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  7. Purtroppo, come spesso nella realtà manca il lieto fine.
    Spero anch'io, come tutti qui, che per il prossimo anno tu abbia a disposizione un calendario altrettanto ... saggio.
    Ciao Grazia!
    Lara

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    1. Eh sì,quella del duca di Berry non è una favola a lieto fine. Forse anche per questo mi è piaciuta. Per l'anno prossimo vedremo cosa riesco a trovare... Un abbraccio

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  8. A quel tempo i cani del signore potevano mangiare più e meglio
    della povera gente.

    Il cinghiale era un animale temibile e veniva ucciso con la spada da un uomo altrettanto temibile.
    Oggi lo ammazziamo da 50 metri di distanza
    senza che lui sappia da dove arriva la morte
    togliendogli il rispetto e la dignità di una morte a quattrocchi.
    Il signore era un bastardo ma noi siamo anche vigliacchi.

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    1. "Il signore era un bastardo, ma noi siamo anche dei vigliacchi": ben detto, Massimo!

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  9. mi devo andare i mesi precedenti

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    1. E' vero che con dicembre sei arrivato proprio all'ultima puntata. Come ogni calandario che si rispetti l'inizio è a gennaio, ma qui ogni foglio fa storia a se!

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  10. Non posso negare di essere molto affascinato, oltre che dall'arte, da questi particolari storici, relativi ad un periodo tremendo nella storia di Francia.

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