lunedì 5 maggio 2014

L'ombra di Masaccio: la "Cacciata dall'Eden" della Cappella Brancacci





La "Cacciata dall'Eden", una delle scene degli affreschi dipinti da Masaccio (1401-1428) per la cappella Brancacci nella chiesa del Carmine di Firenze.




Su uno sfondo azzurro di cielo, un angelo dalla veste rossa, brandendo la spada, caccia Adamo ed Eva dal paradiso terrestre: hanno trasgredito, mangiando il frutto dell'albero della conoscenza e ora sono puniti. 
A rappresentare l'Eden c'è solo una grande porta. 
Non vediamo la bellezza di quello che hanno perduto, vediamo, invece, che ora stanno avanzando in un paesaggio deserto e ostile.

Adamo si copre il volto con le mani, scosso dai singhiozzi. Eva lascia vedere il viso deformato dalle lacrime, gli occhi stretti, la bocca aperta. Quasi una maschera della tragedia. Sono nudi e se ne vergognano: hanno perso la loro comunione con Dio e sanno che, d'ora in poi, dovranno lavorare con fatica, partorire con dolore e morire.
Sono solo un uomo e una donna impauriti che non sanno più dove rifugiarsi. 
Si allontanano dal loro paradiso perduto, posando pesantemente i piedi per terra.

Ed ecco un dettaglio straordinario: i loro corpi fanno ombra.
Un piccolo particolare, ma dietro, c'è un mondo intero.

Masaccio ha passato da poco la ventina, quando lavora agli affreschi della cappella Brancacci con il collega e amico Masolino.
I due non potrebbero essere più diversi. Masolino, più maturo di anni e di esperienza, è un pittore ancora legato ai modi dello stile tardo gotico. Masaccio, più giovane e irruente, è pronto a sperimentare tutte le novità che sente nell'aria.
Siamo  negli anni tra il 1424 e il 1426, Firenze, allora, è  una Repubblica orgogliosa di affermare la sua indipendenza, dopo aver vinto la guerra con i Visconti e imposto la sua supremazia su gran parte della Toscana.
La ricchezza della città è assicurato dalle banche (il banco dei Medici è il più importante d'Europa) e dal commercio della lana e dei tessuti.

Masaccio è arrivato a Firenze dalla campagna. 
È nato nel 1401, il 21 dicembre, san Tommaso e con il nome di Tommaso è stato battezzato. Sarà noto, però, a tutti col soprannome di Masaccio, non tanto perché "fusse vizioso", ma- perché come afferma Vasari- "come quello che, avendo fisso l'animo alle cose dell'arte, si curava poco di sé e manco d’altrui".
La sua famiglia è benestante: il padre esercitava la prestigiosa professione di notaio, ma la madre, rimasta vedova, si è risposata subito dopo. L'apprendistato in città, in una bottega di pittore, riprendendo il mestiere del nonno decoratore di cassoni, può essergli parso il modo per sentirsi più indipendente. Nel 1422 è già pronto a iscriversi all'Arte dei medici e speziali, la corporazione dei pittori. Ed è lì che forse incontra Masolino (1383 ca-1440) e comincia  lavorare con lui.

A Firenze, in quel periodo, c'è un grande fermento. 
Sono gli anni, in cui si costruisce la cupola del Duomo, simbolo dell'orgoglio cittadino, e in cui si aprono continuamente nuovi cantieri. Ovunque si parla d'arte come mai prima era successo. La città è piccola e gli artisti si conoscono tutti: camminano per le stesse strade, frequentano gli stessi ambienti, discutono insieme.
Per Masaccio quello è un periodo di idee e di incontri: è diventato amico di Brunelleschi, l'architetto della cupola e di uno scultore famoso come Donatello. I due hanno una ventina d'anni più di lui, ma lo trattano da pari a pari. 
Masaccio, probabilmente, sente tutta l'emozione di essere accolto e ascoltato da quegli artisti già affermati. Con loro può parlare delle sue ambizioni e del suo mestiere di pittore. Al centro dei loro discorsi- si può ben immaginare- c'è la riscoperta dell'antichità classica, la volontà di tornare a porre l'uomo al centro dell'universo, l'invenzione della prospettiva lineare e di un modo nuovo di rappresentare lo spazio. 
Insieme condividono l'euforia di chi si sente partecipe di un grande rinnovamento.
In genere, è difficile avvertire il cambiamento mentre lo si vive
A Firenze, in quegli anni, non è così: la storia cambia qui e ora (hic et nunc) affermano gli umanisti e i letterati. 
È dai tempi dell'Atene di Pericle- si dice - che non c'era un simile fervore d'arte e di pensiero. 

Sono grandi momenti. Masaccio lo sa e vive, con l'entusiasmo di un ventenne, la sensazione di essere là, dove si fa la storia.
Gli affreschi della Cappella Brancacci sono per lui l'occasione di mettere in pratica tutto quel ribollire di idee: ripartire dalla pittura sintetica e solida di Giotto, concepire le figure come corpi vivi, collocarle in uno spazio misurabile e- con il nuovo strumento della prospettiva- "sfondare" la parete e rappresentare, in pittura, la terza dimensione.
Questi sono probabilmente i suoi pensieri quando comincia a dipingere.

Ed ecco allora che quello che pareva solo un dettaglio- quell'ombra proiettata dai corpi di Adamo e di Eva- diventa pieno di significato.
Per la prima volta nella pittura dell’Occidente, Masaccio  dipinge un'ombra vera e reale, un'“ombra portata”, quella che ogni solido proietta sulle superfici circostanti.
E riesce a rappresentare la massa e il volume dei corpi di Adamo ed Eva. E anche la loro umanità: cacciati dal Paradiso, hanno perso la levità che li rendeva simili agli angeli, sono diventati pesanti. Di una pesantezza che sembra tenerli ancorati alla terra. 

Prima di Masaccio- dice Vasari- le figure "stavano in punta di piedi", mentre con lui stanno "coi piedi in sul piano" , sono salde sul suolo.
E su quel suolo, appunto, fanno ombra.
Quei pochi tratti scuri, che spiccano sul fondo ocra del terreno, sono il segno che Masaccio ha raggiunto quello che voleva. 
Con la sua pittura, le sue luci e le sue ombre,  sta conquistando un nuovo modo di rappresentare il mondo.





Qui avevo già parlato più estesamente di Masaccio e dell'ombra

11 commenti:

  1. Questa è stata una delle lezioni più memorabili che il mio professore di storia dell'arte abbia mai fatto e rileggere ora, a distanza di tanti anni, quasi le sue stesse parole mi ha procurato di nuovo la stessa grossa emozione

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    1. Mi ricordo anch'io, Dede, quanto mi sono emozionata la prima volta che ho visto la cappella Brancacci con la guida del mio professore di storia dell'arte all'Università. Mi sembrò di non averla mai vista prima e di scoprire un mondo . E questa sensazione non mi ha più abbandonato.

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  2. "Accadde, mentre che e' lavorava in questa opera, che e' fu consagrata la detta chiesa del Carmine; e Masaccio, in memoria di ciò, di verde terra dipinse di chiaro e scuro, sopra la porta che va in convento dentro nel chiostro, tutta l sagra come ella fu, e vi ritrasse infinito numero di cittadini in mantello ed in cappuccio, che vanno dietro alla processione: fra i quali fece Filippo di ser Brunellesco in zoccoli, Donatello, masolino da Panicale ....e non solo vi ritrasse i gentiluomini sopradetti di naturale, ma anco la porta del convento, ed il portinaio con le chiavi in mano. .... e tutti posani i piedi in sur un piano, scortando in fila tanto bene, che non fanno altrimenti i naturali" Giorgio Vasari, Vita di Masaccio.

    La tua esemplare spiegazione mi ha fatto tornare il rimpianto per la perdita dell'affresco con la "Sagra", una inusitata "tranche de vie" contemporanea, a dar retta al Vasari!

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    1. Ogni dipinto di Masaccio che non abbiamo più è una grande perdita.In un percorso di vita così breve e rivoluzionario, ogni mancanza conta!

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  3. Quindi Grazia; questa è la prima rappresentazione dell'ombra? Sicuramente non si sarebbe potuto trovare soggetto più adatto; soprattutto dopo che ci hai dato la motivazione! Avvincente come sempre i tuoi racconti. Hai una grande abilità nel raccontare l'arte: esposta a modo tuo piacerebbe a chiunque. Ciao

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    1. Se ti interessa la storia dell'ombra puoi leggere un libro di Victor Stochita, Breve storia dell'ombra, ed. il Saggiatore 2008, in cui troverai moltissimi spunti;
      E grazie tante per le tue parole!

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  4. E' tanto il fervore di Masaccio per la nuova arte,
    è tanto viva la speranza che ci si sta incamminando verso nuove meravigliose tappe
    che rappresenta l'eden che Adamo ed Eva lasciano con dei raggi frettolosi che escono dalla porta
    mentre li fa incamminare verso la luce che li colpisce in pieno e lascia l'ombra dietro di loro.
    E' il percorso dell'arte che esce dagli anni bui e si incammina
    non senza dolore (perchè non è sempre facile lasciare quel che si ha)
    verso la nuova luce del Rinascimento.
    Mi pare una visione (mia) di un Masaccio agnostico che, nel votarsi al Rinascimento,
    riconosce che l'uomo e non Dio è al centro dell'universo
    e solo attraverso questa cacciata (o ritrovata libertà) ci si può incamminare verso la luce.
    Insomma il fatto che la luce sia davanti e non dietro dove c'è l'eden di Dio
    lo trovo sintomatico e basilare
    mo' vedi te come lo vuoi interpretare.
    Ciao.

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    1. Bella interpretazione la tua, Massimo; mi piace l'idea della ritrovata libertà di Masaccio e degli artisti del Rinascimento di incamminarsi verso la luce. Non so quanto storicamente sia plausibile l'ipotesi di un Masaccio agnostico,ma questo non toglie alcuna suggestione alle tue parole.

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  5. Applauso. Hai preso un capolavoro notissimo e ce l'hai fatto riguardare con attenzione e ammirazione. Grazie, come sempre :-)

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    1. Silvia, è che sui capolavori si può sempre scrivere e sempre ci possono apparire diversi!

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  6. Con la nostra insegnante dell'università per adulti di Lugo andammo a fare molte gite, fra cui a Firenze per vedere questa Cappella Brancacci. Il particolare dell'ombra mi è tornato alla mente rileggendo questo tuo post. La memoria mi fa ormai brutti scherzi: non mi ricordavo il nome dei Brancacci, così spesso parlavo dell'affresco in una certa Cappella dove sono affrescate le due figure con le loro ombre. Ah, il fosforo!

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