giovedì 1 marzo 2018

Il ciclo dei Mesi del Duomo di Otranto: marzo




Marzo- si sa- ha la fama di essere un po' pazzerello: il sole si alterna alla pioggia, a volte fa caldo, a volte fa freddo, il clima è imprevedibile. 
E imprevedibili sono anche le rappresentazioni del Mese nei Calendari medioevali. 
Ne è un esempio quella del calendario che ho scelto per quest'anno: il Ciclo dei Mesi realizzato dal monaco Pantaleone tra il 1163 e il 1165, su commissione dell'allora Arcivescovo della città, per quel meraviglioso tappeto marmoreo che costituisce il pavimento della cattedrale di Santa Maria Assunta a Otranto.




Entro una cornice circolare in cui si intrecciano i rami e le foglie dell'Albero della vita, da cui si dipanano tutte le rappresentazioni, compare la personificazione di Marzo, identificata dalla scritta "Martius" e sormontato dal segno astrologico che presiede al mese: quello dei Pesci. 
E fin qui tutto rientra nei canoni della rappresentazione tradizionale. 
La novità sta nel fatto che non c'è alcuna raffigurazione dell'attività agricola legata al mese, in genere quella della legatura e della potatura delle viti, e nemmeno quella di Marzo come un suonatore di corno, simbolo di Eolo il re dei venti e delle burrasche primaverili.
Qui, invece, il protagonista della scena è un giovane uomo nudo, seduto su uno sgabello che sembra si stia detergendo i piedi con un apposito strumento. 
La posa richiama quella di una scultura classica che doveva essere nota anche all'epoca: quella dello "Spinario" (una versione in bronzo è visibile ancora oggi ai Musei Capitolini di Roma) con un giovane che si toglie una spina dalla pianta di un piede. 
L'adolescente della scultura classica si trasforma però in un contadino che si pulisce i piedi affaticati dopo aver ripreso, o, chissà, prima di riprendere il lavoro nei campi. 
Forse una sorta di purificazione per propiziare il nuovo raccolto.
Marzo si apre, dunque, con una rappresentazione che conserva un pizzico di mistero e che ben si adatta al periodo in cui si comincia a sentire nell'aria il tepore della primavera.









giovedì 1 febbraio 2018

Il ciclo dei Mesi del Duomo di Otranto: febbraio



Come sarà rappresentato il mese di febbraio in quello straordinario insieme di simboli, di storie sacre o di animali fantastici che costituisce il pavimento marmoreo della cattedrale di santa Maria Assunta a Otranto?
Oggi, che è il primo del mese, è arrivato il momento scoprirlo: e, allora, ecco qua che sorpresa ci riserva il Febbraio del Ciclo dei Mesi realizzato dal monaco Pantaleone tra il 1163 e il 1165 su commissione dell'allora Arcivescovo della città.


Protagonista della scena è una donna, abbigliata con una lunga tunica a maniche lunghe e con un paio di eleganti scarpette a punta, intenta alla preparazione di un pasto. Un paiolo pende dal gancio di fronte a lei, mentre un maiale gira infilzato sullo spiedo.
Il freddo dell'inverno si fa sentire: i contadini, uomini e donne che normalmente si occupano insieme del duro lavoro dei campi, non sono in grado di compiere alcuna attività nella campagna gelata e possono rimanere a casa per scaldarsi al fuoco nel chiuso delle stanze.  
Il segno zodiacale dell'Acquario, è rappresentato come una figura maschile alata che versa l’acqua da un’anfora, tra le lettere del nome del mese abbreviato: Fe/br.
Un momento di interruzione dalla fatica, il caldo del fuoco, cibo pronto e abbondante: tutti gli elementi di una rappresentazione rassicurante per chi, all'epoca, temeva i rigori dell'inverno e i morsi della fame. 
L'immagine migliore per invitare a una pausa e ad attendere serenamente la bella stagione.






martedì 2 gennaio 2018

Il ciclo dei Mesi del Duomo di Otranto: gennaio




Miniature, arazzi, vetrate, sculture, affreschi, perfino stampe giapponesi: non si può dire che finora il calendario del mio blog non abbia spaziato attraverso tecniche, epoche e artisti diversi.
E quest'anno?
Per il 2018 ho in serbo un'altra sorpresa.

Stavolta per cercare le immagini adatte mi sono spinta indietro nel tempo fino ad arrivare a nove secoli fa, quando fu eseguito il pavimento della cattedrale di santa Maria Assunta a Otranto.
Il grande mosaico in tessere policrome di calcare locale  arricchite di inserti in pasta vitrea, è opera di un artista che si firma come "presbiter Pantaleone", probabilmente un monaco basiliano della vicina abbazia di san Nicola di Casole, che lo realizza tra il 1163 e il 1165 su commissione dell'allora Arcivescovo della città.


La raffigurazione dei Mesi occupa solo una piccola parte dello straordinario pavimento che rappresenta una vera e propria summa della cultura medioevale.
Da un gigantesco Albero della vita che copre la navata centrale, l'abside e le due ali del transetto, si dipana una sorta di storia dell’umanità: con i Vizi e le Virtù, gli episodi dell'Antico testamento con Adamo ed Eva, Caino e Abele, il Diluvio universale, la superba torre di Babele, fino ad arrivare ai flutti che inghiottono Giona e culminare nel Giudizio Universale.

I rami e le foglie dell'albero, che sembrano avvolgere ogni figura, sono intrecciati e arricchiti da un brulicare di  rappresentazioni di animali reali e fantastici, tratti dai favolosi repertori dei "Bestiari": non solo leoni ed elefanti ma anche draghi, grifoni, sirene e perfino un unicorno. 
Anche i cicli cavallereschi hanno il loro spazio con re Artù, mentre le leggende e i miti sono rappresentati dalla scena di Alessandro Magno che ascende al cielo sopra due grifoni.

Insomma, racconti e personaggi formano un insieme indistricabile, un labirinto in cui ci si potrebbe perdere, ma che, invece, dà forma a un itinerario fantastico e ancora in parte da interpretare nell'immaginario sacro e profano del Medioevo che conduce a un percorso teologico improntato sulla salvezza, dal peccato originale fino alla redenzione.
In questa opera enciclopedica il Ciclo dei Mesi, con le attività agricole proprie di ogni periodo dell'anno, raffigurato entro dodici cornici circolari di uguale diametro, è collocato nella navata dopo le scene della Genesi, probabilmente con l'intento simbolico di mostrare il lavoro dei campi come conseguenza, ma anche come riscatto dal peccato.

Ed ecco dunque come si presenta il mese di gennaio di questo meraviglioso tappeto di marmo



Nessuna immagine mitologica di Giano bifronte, il dio tradizionalmente legato al mese, da cui gennaio trae il nome, ma solo un contadino, abbigliato con una lunga tunica e un cappello. 
Seduto su uno sgabello, nell'unico momento dell’anno in cui il gelo non consente il lavoro dei campi, può restare a casa, cercando conforto dal freddo dell'inverno e scaldandosi le mani vicino al fuoco. 
Sopra di lui, il simbolo zodiacale del Capricorno, il segno governato da Saturno che inizia col solstizio d’inverno, rappresentato come un docile caprone accovacciato.
Metafora della fine di un ciclo e dell'inizio di uno nuovo, questa immagine di tanti secoli fa sembra trasmetterci un senso di quiete e di speranza e perciò mi è parsa la più adatta per augurare a tutti un 2018 pieno di dolcezza e di serenità.






venerdì 1 dicembre 2017

Un calendario d'Oriente:le "Cento famose vedute di Edo" di Utagawa Hiroshige




Chi l'avrebbe mai detto! Mi sembra ieri che ho iniziato a sfogliare il calendario che ho scelto per questo 2017- la serie di stampe con le "Cento famose vedute di Edo" realizzata tra il 1856 e il 1857 dal grande pittore giapponese Utagawa Hiroshige-  e, invece, siamo già arrivati all'ultima immagine. 
Per concludere- come si usa dire- con il botto e illustrare degnamente il mese di dicembre mi parsa particolarmente adatta la stampa intitolata  "Fuochi d'artificio sul ponte Ryōgoku":



In realtà qui non si tratta di una festa di fine d’anno, ma della raffigurazione di un evento che si tiene presso il ponte di Ryōgoku sul Sumida-gawa, uno dei più grandi della popolosa città Edo, attualmente ribattezzata Tokyo. 
Il ventottesimo giorno del quinto mese dell’anno del calendario giapponese, si celebrava, proprio nelle vicinanze del ponte, la festa del kawabiraki (letteralmente "l'apertura del fiume"), con una abluzione rituale che la devozione popolare voleva servisse ad allontanare gli spiriti maligni.  

Fin dalla prima metà del Settecento, la festa diventò una delle preferite dei cittadini di Edo che vi accorrevano in massa, riempiendo il fiume di imbarcazioni grandi e piccole e affollando i numerosi locali e i ristoranti  alla moda situati sulle rive. 
L'evento culminava con un grande spettacolo di fuochi d'artificio, rappresentati da Hiroshoige, in alto a destra, come una scia luminose e come minuscole  stelle che rischiarano con il loro bagliore il cielo notturno.

La composizione della scena con la raffigurazione del ponte e della barche in primo piano e i piccoli punti di luce  che si stagliano sul grigio della notte, sottolineano l'atmosfera della festa e compongono un'immagine che mi è sembrata bene augurante, la migliore per finire in bellezza questo ultimo mese del 2017 e sperare in un anno nuovo splendente per tutti.